Archive for febbraio, 2007

arridaje

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In questi giorni abbiamo assistito al triste spettacolo della caccia ai senatori. Un governo privo di maggioranza, costantemente impegnato ad inseguire simpatici vecchietti e leader di partito-persona. La scelta appare chiara: mettere da parte i dico e puntare tutto sulla tutela della cara vecchia famiglia tradizionale, nel patetico tentativo di inseguire gli illiberali alfieri della casa della libertà vigilata. Ogni crisi di governo, anche se autoimposta, è sempre un’ occasione preziosa per operare un rilancio. Fare di difficoltà virtù. Il buon Prodi invece ha giocato le sue 12 carte in modo fallimentare. I nodi erano ben altri. Un leader lungimirante e acuto avrebbe fatto del federalismo fiscale il fulcro principale della propria azione. Come ben sappiamo nessuna modifica costituzionale sarebbe necessaria: basterebbe limitarsi ad attuare quell’art. 119, cosi come modificato dal centrosinistra nel 2001 e finora rimasto lettera morta. Una scelta di questo tipo, oltre ad essere pienamente coerente con il programma dell’Unione, potrebbe rivoluzionare in modo importante sia i rapporti orizzontali (con i partiti) che verticali (con gli elettori) della coalizione di cui facciamo parte. Inutile sottolineare le difficoltà che questa azione arrecherebbe a Forza Italia e ad Allenza Nazionale, che si troverebbero a dover inseguire anche la Lega Nord, oltre che l’Udc. Ma ciò che è più importante è la possibilità di superare quella sorta di incomunicabilità tra centrosinistra e regioni del nord, già chiara nei giorni successivi al voto e sensibilmente acuita dalla pessima finanziaria. Gli strumenti cardine, per accompagnare l’autonomia alla solidarietà, sono già espliciti nell’articolo sopracitato. La Corte Costituzionale continua a richiamare il legislatore circa la necessità dell’intervento. Davvero non vedo cosa possa impedirci di cogliere in modo forte questa occasione, se non il tafazzismo di cui troppo spesso siamo maestri. O forse anche la paura di far venire a galla le molte bugie che più di qualcuno ci ha raccontato in campagna referendaria…

ipse dixit

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“Il gioco d’azzardo è divertente come calcolo delle probabilità, funzione, strategia. Ma non mi piace l’elemento maniacale. A un certo punto non hai più il governo di te stesso. A me piace il gioco in cui uno non perde mai il controllo di sè, anzi assume il controllo del campo e di tutti gli attori in gioco. Questo si, mi piace”.

Massimo D’Alema

INLAND EMPIRE

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Solo 3 dei numerosissimi cinema di Roma avevano in cartellone ieri sera l’ultimo film del mio regista preferito. Uno dei tre era da scartare a prescindere, in quanto situato in via portuense 2000: se lo cercate su google maps vi mostrano la cartina del Lazio…
Restavano il Greenwich a Testaccio e il Giulio Cesare a Ottaviano. Ho optato per il secondo, più distante ma meglio collegato.
Numero degli spettatori: 7.
Il film è meraviglioso. Girato tutto in digitale (i puristi potrebbero storcere il naso), è un opera d’arte dal primo all’ultimo minuto, titoli di coda compresi. La protagonista è ancora una volta Laura Dern (pure co-produttrice, visto che il nostro ormai deve sempre tirare fuori i soldi di tasca sua), davvero ottima nel ruolo di un attrice che interpreta il film “On High in Blue Tomorrows”, remake del mai terminato “Viersieben”, basato su una leggenda di zingari polacchi. Naturalmente David Lynch manda presto in disibilio le nostre menti, mescolando elementi, riferimenti, pensieri, incubi, correlazioni, rapporti, tradimenti e quant’altro. La protagonista-persona e la protagonista-attrice si fuggono e si cercano, il suo compagno sul set e probabile amante dopo l’invito a cena accettato fa lo stesso, ma a sfumare. Il marito della protagonista è anche parte della (recitata?) leggenda zingara. Non mancano le solite frecciate ad hollywood, ma neppure una famiglia di uomini-coniglio e le risate di fondo in stile striscia la notizia.
Un film assolutamente da vedere, se amate Lynch ma anche se non lo conoscete. Non spaventatevi anzitempo, del resto lui stesso ha detto “il mio film è chiarissimo

travelling without moving

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Ecco, è proprio questo che si prova nella città eterna. Un trip psico-umorale che si protrae infinitamente. Il comune più esteso d’Italia, 1.285 kmq, più di due milioni e mezzo di abitanti. E la metro che fa? fa ‘na icse. Zan, zan e stop.
Ma dice: “Eeeeee, che noi romani c’avemo i resti, e argille, e catacombe, e piramidi addirittura!”.
Certo che sta icse…
Però, oltre a e argille catacombe ecc. c’è pure Veltroni, il sindaco che tutti ci invidiano! Vuoi che non sia in grado di risolvere il problema?
Infatti l’ha risolto da par suo, con un idea geniale: ha fatto ristampare tutte le cartine della metro, con un piccolo accorgimento. Ora, oltre alla linea rossa metro A e la linea blu metro B (a icse, appunto) ha fatto segnare tutte le 3 linee del tram, il mitico trenino della casilina, qualche bus, ognuno con un colore diverso e tadan! Ecco che Roma ti diventa una metropoli da far invidia alle 13 linee di Londra.
E la folla applaude.
Pure io, devo dire, abitando come il 99% dei residenti in una zona priva di metro, vivo la città in modo diverso con questa piccola rivoluzione. Il tram numero 5, bellissimo modello del 1913, sfreccia per la Prenestina con ritrovata fierezza, conscio di avere ora piena dignità. Poco importa se ne passano 3 uno in fila all’altro e poi devi attendere per 40 minuti i 3 successivi, perchè sai che la tua attesa sarà ben ripagata. Certo non ti irriti più come un tempo per le macchine posteggiate sui binari, perchè ora sei un cittadino di serie a!
Pure i bus paiono rinfrancati, guardi con occhi diversi la targhetta con la descrizione dei posti che trovi vicino al guidatore: 22 posti a sedere, 91 posti in piedi. Perchè poi contare il numero di posti in piedi? Come non detto, grazie, i mitici posti in piedi atac! Che poi, bisogna dire, vai piuttosto lento ma ti fanno divertire. Il bus 125, per esempio, all’ altezza della Chiesa di San Giuseppe in via della Lungara, ti sa stupire con slalom sempre nuovi tra auto in sosta, fioriere inutili e quant’altro. Spesso poi è costretto alla perla delle perle: arrampicarsi sui gradini della chiesa. E sono bei momenti.
Gli autisti poi, fungono da sputacchiera vivente per gli spiriti frustrati della capitale. Quindi ti capita di vedere una vecchietta che insulta il conducente perchè pretende di scendere esattamente davanti alla sua destinazione, e il conducente che veemente risponde: “A signò!!! Nun ce ‘sta a fermata!”. Mestiere stressante l’autista, appena qualcosa non funziona tutti cominciano a guardarlo come a dire “vediamo adesso che fa”.
Neanche ad un semplice stop può stare tranquillo, perchè il conducente dell’automobile immediatamente dietro al mezzo sarà pronto a tirare giù il finestrino e a urlare: “Anvedi ‘sto coione dell’Atac! E passa!”. E le ore passano come fossero minuti.
Giusto in questi giorni l’indagine semestrale svolta dall’authority sui mezzi pubblici di Roma, sentenzia che la qualità del trasporto è peggiorata in tutti i parametri analizzati rispetto a sei mesi fa. Sotto accusa, soprattutto la sporcizia negli autobus. Fulvio Vento, presidente dell’atac, ci spiega che è tutta colpa dei cittadini incivili. Sempre più incivili, pare. Lungi da me puntare il dito contro di te, mia adorata atac, dispensatrice di amore e umorismo, i 30 euro che ti dono ogni mese sono il mio tributo all’immortalità.

che stile!

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Ebbene si, dopo anni di sotterfugi è giunto il momento.
Con estremo piacere dichiaro aperta la campagna “che stile!” volta a rilanciare un attributo sottovalutato ed ampiamente quanto ingiustamente caduto in desuetudine: il baffo.
Noi ex unni, gente di valore e spessore, ci ponemmo questa delicata e doverosa questione con l’anticipo che è proprio dei migliori. Ricordo le serate spese in appassionate discussioni antropologiche, nelle quali ci interrogavamo sull’urgenza di muoverci in prima persona per non far smarrire definitivamente una parte cosi preziosa della cultura estetica umana. Soprattutto le nuove generazioni non riuscivano, e non riescono, a cogliere il valore di quella striscia di pelo che è tutta un dire. Decidemmo dunque di assumerci l’onere e l’onore di promuovere tra i giovani questa nuova/vecchia moda di sicuro successo. Purtroppo sterili divergenze stilistiche ci portarono ad abbandonare il progetto anzitempo, ma una parte del nostro cuore, ne sono certo, brama ancora di apportare un cosi nobile servigio alla società. Ho fatto quindi il primo passo e mi sento già un uomo nuovo. Sono passate solo poche ore ma i benefici sulla mia vita sono già evidenti. La passionalità della mia donna è notevolmente aumentata e non credo di essere indifferente nemmeno al portiere. E questo è niente.
Vi invito dunque ad aderire numerosi, ovunque voi siate. Trento, Castelfranco Veneto, Svezia, New York, Roma e Londra aspettano ansiose la nostra rivoluzione di stile. ;))

da Marco Pannella: contro la foiba antiradicale

Caro Mattia,
qualche anno fa, un politico italiano denunciò “il genocidio culturale dei radicali” in corso in Italia; era il Presidente della Commissione di Vigilanza sulla RAI-TV. Si chiama Francesco Storace. Aveva profondamente ragione, aveva individuato, lui, non Umberto Eco, i termini giusti, appropriati, per definire un aspetto costitutivo della realtà storica italiana. Giustificherò in altro momento i termini di questa mia affermazione. E’ necessario e urgente. La realtà odierna, italiana e radicale, è il portato di quel genocidio, sul punto di esser compiuto. Stiamo divenendo, antropologicamente, una realtà ancora, spero, in bilico fra un ammasso di rottami e di macerie, e l’annuncio, la prefigurazione del nuovo possibile, cioè dell’inverosimile e dell'”impossibile” nel presente di tutti (gli altri).
Da molti segni, come realtà collettiva, siamo oggi esposti alla riduzione al “verosimile”, quindi al “conforme”, allo “scontato” che connotano irrimediabilmente l’immensa palude dell’esistente, della logica delle cose, dei regimi, dell’Ordine e del Disordine stabiliti.
Vorrei che si riflettesse anche su qualche verità data per scontata, anche da tanti, troppi di … noi. Il proprio del “nuovo”, del suo “seme”, è la sua “inverosimiglianza”, fino al momento in cui si afferma e diventa coscienza, conoscenza, riflesso comuni. È la nostra storia, quotidiana, che ha connotato, e connota (ma qui il “nostra” si restringe, oggi, paurosamente) i quasi 200.000 giorni attraversati – e formati, non di rado – dalla storia radicale, cioè dalla storia del soggetto politico organizzato radicale, che ho deciso di poter e dover contribuire a salvare di nuovo, impresa forse possibile grazie ai tanti, tantissimi, “radicali silenziosi”, per decenni, ma che hanno “parlato” e sono ancor oggi “parola” con le loro esistenze misconosciute, solamente intuite, riconosciute, con riconoscenza troppo distratta o avara, da quelli fra noi che hanno fin qui dato e danno il loro nome alla storia ed alla vita radicale.
Ciò premesso (e sento di già molti strillare o mormorare contro il mio stile incomprensibile; e bacchettarmi dai tanti maestri di “comunicazione” che sempre più numerosi mi ritrovo, ma che di rado conosciamo per quanto hanno comunicato e comunicano, loro :-)! ) torno al genocidio politico e culturale dei radicali, nostro. Alla damnatio memoriae della quale siamo oggetto (noi e questo paese), e – anche, sempre più – vittime e coautori.
Ieri ed oggi telegiornali e giornali sono tutti mossi e commossi – giustamente – dalla denuncia e dalla riparazione che il Presidente Napolitano ha compiuto sulla storia (negata) delle foibe. Mi associo a lodare il Presidente per questo suo nuovo intervento, ottimo nel merito e quindi anche secondo la “Costituzione materiale” (contro la Costituzione scritta) vigente per ora in Italia.
C’è un piccolo “ma”. Ma, nel giugno 1978 (se non erro), un deputato italiano e consigliere comunale neo-eletto, con i suoi compagni triestini, si recò – “pubblicamente” – alla foiba di Basovizza, ne commemorò gli infoibati e gli assassini italiani, e chiese verità, giustizia, pietas erga lares et penates, verso l’Italia e la Trieste di quei giorni (e di oggi, si potrebbe aggiungere).
Quel deputato e consigliere comunale Triestino non era Giorgio Almirante, e i suoi compagni non erano affatto camerati del MSI. No. Anche per loro le foibe, dove fossero, erano sconosciute. Da più di trent’anni. Certo, era pericolosissimo recarvisi, commemorarne, ricordarne vittime e assassini. Non di rado, “comunisti” de sinistra: GLI UNI E GLI ALTRI. No. Eravamo noi, Radicali. Telequattro di Chino Alessi fu il solo organo “di stampa” ad accennarne, e Radio Radicale.
Su una vicenda del genere, che sollevai procurandomi una denuncia alla Procura di Roma per vilipendio della Resistenza da parte di Giorgio Amendola e Lama, un anno dopo accadde il finimondo: quando ricordai che le famigerate SS uccise con l’attentato terroristico di via Rasella non erano altro che militari tedeschi di origine alto atesina, costretti ad arruolarsi dai tedeschi dopo l’annessione di quella zona alla Germania nazista. Ora, si tratta quasi di revisionismi “storiografici” di moda. Ma i “revisionisti” di oggi, allora si confusero con il coro “partigiano”.
Caro Mattia, forse sei al corrente della mia decisione di preparare in questo periodo atti che non potrebbero non rivelarsi conclusivi della storia del Partito, piuttosto che lasciare che vadano in putrefazione la sua/nostra storia, la NOSTRA IMMAGINE, appestando definitivamente la intera storia del tempo e della società che sono i nostri, italiani (e non solo).
So bene che non pochi compagni si chiederanno: ma come? Proprio ora quando in meno di un solo anno, abbiamo DA SOLI costituito quel che era stato individuato come “l’unico nuovo evento della politica italiana”; eppoi il “caso Welby” di una profondità e di una estensione che tutt’ora stanno creando difficoltà senza precedenti al Vaticano e dintorni oligarchici del regime italiano; e poi il “Nessuno tocchi Saddam” e la conseguente iniziativa in corso per la moratoria universale della pena di morte?
Affronterò in altre mail che ti invierò questi temi, con i grandi “casi” radicali, ad es. Luca Coscioni e Piergiorgio Welby, dei quali poco e male si è compresa la realtà, l’accaduto. Così come il mio essermi mobilitato per rilanciare la vita e la forza (SE non è troppo tardi) del Soggetto Politico Radicale, ridotto in condizioni impossibili, fallimentari proprio dopo un lungo periodo di grande esposizione comunicativa senza precedenti nella nostra storia.
Per ora, ti confermo, con fiducia, che il Partito “porterà i libri” in Tribunale, come estrema risposta nonviolenta al “genocidio” del quale è oggetto. Questo se non raggiungeremo nelle prossime settimane almeno 5.000 iscritti, fra i quali almeno 100 parlamentari italiani, e 300 da altri paesi. Siamo, per ora, giunti a soli un migliaio di iscritti. Potremmo farcela solo se in poco tempo riuscissimo a quintuplicarci.
E’ una situazione folle? Certo. Ma, se puoi e vuoi ancora farmi fiducia e mobilitarti, possiamo farcela. Ne sono convinto. Sono folle, io, piuttosto che la situazione?
Speriamo bene. Scusami per averti richiesto tanto tempo, tanta attenzione. Come sempre, ti ringrazio se potrai e vorrai rispondermi. Io posso solo per ora assicurarti che comunque ti leggerò. Personalmente. Ciao.
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P. S.:
Ti ricordo che al 17° giorno di sciopero della fame di Daniele, anche Rita Bernardini e altri compagni hanno deciso di sostenere, partecipandovi, questa importante iniziativa nonviolenta. Come al solito ciascuno può stabilire e comunicare le modalità della sua partecipazione, il o i giorni di sciopero della fame o altre forme di sostegno. Io aderirò nei prossimi giorni, per ora, semplicemente, ancora non posso. Ciao

M.

inquilino cercasi

Gianpaolo Camplese ci lascia. Il suo sogno si concretizza: da maggio diverrà cittadino new yorkese… Se ne va in una delle scuole di musica più fiche del globo a perfezionare la sua arte. Non più Roma, non più bacarozzi (forse), non più Sbatash. Si apre quindi la corsa alla sua successione. Per non tradire la regola principe della casa, al suo posto si accettano solo veneti o residenti a Nereto. Detto tra noi potete anche solo spacciarvi per candidati aventi dette caratteristiche, basta che abbiate il buon gusto di prepararvi un pochino, almeno studiandovi Neretopedia.
Per ora vi è un solo candidato, e a sua stessa insaputa. Tale Gianni di Nereto, amico di Gianpaolo, compagno di corso di Stefano, nonchè uomo in erasmus. Ma mica un erasmus qualsiasi, di quelli da fighetti magari in Spagna o in Inghilterra, ma nemmeno uno di quelli finti alternativi tipo Bucarest. No, quest’uomo sta facendo un erasmus coi controcazzi: a Vilnius, ridente capitale della Lituania.
Nonostante la forza di questa candidatura la sostituzione di Gianpaolo va valutata con attenzione, essendo l’uomo che da equilibrio alla casa. Invito pertanto tutti coloro che fossero interessati a trasferirsi nella capitale a farsi avanti. Potete anche candidare vostri conoscenti a loro insaputa, non ci facciamo problemi. L’unica cosa da ricordare è che dovrete condividere la stanza con Stefano Grespan e, spesso quanto illegalmente, con una delle donzelle qui sotto (non a vostra scelta).
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gli esseri e le cose

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“In qualche mese come cambia una camera, anche quando non si tocca niente. Per quanto vecchie, per quanto degradate siano, le cose, trovano ancora, non si sa dove, la forza di invecchiare. Tutto era già cambiato intorno a noi. Non gli oggetti al loro posto, certo, ma le cose stesse, in profondità. Sono diverse quando le ritrovi le cose, loro possiedono, si direbbe, più forza per andare dentro di noi più tristemente, più profondamente ancora, più dolcemente di prima, per fondersi in quella specie di morte che cresce lentamente in noi, quietamente, giorno dopo giorno, vilmente, davanti alla quale ci si prepara ogni giorno a difendersi un po’ meno del giorno prima. Da una volta all’altra, la si vede frollare, raggrinzirsi in noi stessi la vita, gli esseri e le cose insieme, che avevamo lasciato banali, preziosi, terribili qualche volta. La paura della fine ha marcato tutto con le sue rughe mentre trottavamo per la città dentro il piacere o il pane. Presto non ci saranno più che persone e cose inoffensive, miserande e disarmate tutt’intorno al nostro passato, nient’altro che errori diventati muti”.
Cèline

Gli esseri e le cose. Ieri sono capitato in uno di quei posti dei quali non ti figuri l’esistenza. Li pensi circoscritti ad una scena di un film, o ad un libro di un qualche scrittore pessimista francese. O forse li pensi retaggi di un passato da poco passato e dal quale ti han ben nascosto.
Sbagliando entrata della banca di Roma mi sono trovato al banco dei pegni. Ad un primo sguardo una via di mezzo tra una banca e un ospedale, le cassiere un po’ meno curate, la gente la stessa che potresti trovare di la. Ci sono rimasto solo il tempo di rendermi conto di aver sbagliato e di vedere un adorabile vecchietto che svendeva la sua catenina d’oro, magari per pagare la bolletta della luce. Con la cassiera si è dovuto scusare di quella piccola modifica apportata, per meglio adeguarla alla sua piccola stazza. Scusarsi, dell’inadeguatezza commericiale di quel piccolo oggetto, regalatogli chissà da chi chissà quanto tempo fa. Magari ricordo di un amore.
Ecco a lei i suoi pochi euro, ma si ricordi, valgono pochi giorni.

pronto carabbinieri!

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ore 15:54
via prenestina 376. Cerco di individuare l’entrata tra le impalcature. Un tipo prima di me sta per entrare, invece si ferma e mi apre la porta. Evidentemente è un carabiniere in borghese, che da ora in poi chiameremo “ricercatore”.
Entro.
io: “Salve”
carabiniere Imbroglia Salvador: “Buongiorno, dica”
io: “Vorrei denunciare il furto del mio portafoglio avvenuto all’università La Sapienza”
car: “Quando è avvenuto il furto?”
io: “ieri”
car: “si accomodi” indicando una vuota sala d’aspetto.
Mi accomodo. Cosa aspetto poi in sala d’aspetto? non sembra esserci nessuno. Sarà la prassi.

ore 15:58
car: “venga, si accomodi” indicando la stanza a fianco.
Era la prassi…
Mi accomodo.
car: “ha un documento?”
porgo la carta d’identità. La apre. Armeggia col computer. La guarda. Guarda il computer. Mi guarda. Lo guardo con sguardo interrogativo. Comincia a scrivere con fare titubante.
car: “Asolo… è dove fate le paste”
io: “Prego?”
car: “E’ dove fate le paste, la forneria Asolo”
io: “Bah, non saprei. Ci sono solo nato ad Asolo.”
car: “Ah già, è vero, Castelfranco Veneto”.
scrive.
car: “Asolo… è vicino al lago, giusto?”
io: “Che lago, scusi?”
car: “Il lago di Garda”
io: “No, il lago di Garda è in provincia di Verona, Asolo, e comunque anche Castelfranco, dove risiedo, sono in provincia di Treviso.”
car: “Ah”
scrive, poco convinto.
voce fuori campo: “Ao! funziona er fax?”
Imbroglia Salvador si alza per rispondere alla domanda, fa due passi e dice:
“Non lo so questo”
La voce fuori campo fa silenzio. Imbroglia Salvador fa un giro per la stanza pensieroso, poi si siede.

ore 16:05
Si alza, va a vedere il cellulare posto in carica su un tavolo non molto distante dal nostro.
Entra un carabiniere e gli fa: “vieni, è una cosa importante”. Imbroglia Salvador mi guarda con l’espressione di chi sa farsi carico della difesa del prossimo e va.
Torna quasi subito. Cerca di riprendere il filo. Non sembra soddisfatto della forma con la quale ha buttato giù la prima parte dei miei dati anagrafici. Scrive.
DRIIIIN
Risponde al telefono. (dall’altra parte del ricevitore c’è ricercatore)
car: “Pronto carabbinieri prenestina! Ah, ciao… Allora l’hai trovata? Ti ripeto, la targa è BX 736 MZ … si … bravo … si … vabbuò” Aggancia. Scrive. La mia carta d’identità è a buon punto.
DROOOON
Si alza e va ad aprire la porta.
Signor 1: “Salve vorrei denunciare lo smarrimento della mia macchina”
car: “ah… si accomodi, c’è da aspettare.” Indicando la sala d’aspetto.

ore 16:17
La mia carta d’identità è stata ricopiata con successo.
DROOOON
Si alza e va ad aprire.
Signor 2: “Salve, eeehhh… vorrei denunciare il furto di un telefonino”.
Imbroglia Salvador assume l’espressione dell’investigatore consumato, e attiva neuroni fino a quel momento quiescenti.
car: “è sicuro che non si tratti di smarrimento?”
Signor 2: “eeehhhh… stavo sul tram…. avevo il telefonino nella tasca del giubbotto, de quelle col zip, chiusa. eeehhhh poi a un certo punto devo telefonà e non c’è più il telefonino e c’è la cerniera aperta”
Imbroglia Salvador assume l’espressione dell’investigatore esperto, gli bastano pochi secondi per emettere la sua sentenza inconfutabile:
“Allora si tratta di furto!”
Signor 2 annuisce soddisfatto, con l’aria di chi sente di essersi rivolto alla persona giusta.
car: “ce l’ha il codice imei?”
Signor 2: “eh, no”
car: “mi serve il codice imei”
Signor 2: “non ce l’ho”
car: “deve andarlo a prendere, sennò non posso fare niente”
Signor 2: “eeeehhhh ho cercato ma nun ce l’ho… la scatola… nun ce sta”
car: “Vabbè… eh… comunque c’è da aspettare… c’è tanta gente… può tornare più tardi se vuole… non deve tornare per forza qui, può andare in ogni caserma dei carabinieri”
Signor 2 apre la porta sconsolato
car: “ma puà aspettare se vuole, veda lei, ma c’è mooolto da aspettare”
Signor 2: “Va bene, allora vado. Forse torno. Forse”
car: “Arrivederci”

ore 16:26
Imbroglia Salvador si siede. “Allora, che è successo?” mi chiede
io: “Ero nella sala lauree della facoltà di scienze politiche…”
DRIIIIN
Risponde. E’ ancora ricercatore.
“Aò, l’hai trovata? come no? BX 7… si… ma no! è facilissimo… esci dalla caserma nostra, subito sulla destra, è grigia, è li, è sul marciapiede, nun te poi sbaglia! Come la Salaria? Che c’entra la Salaria? no! Tor de Schiavi! dai, è in caso me richiami o torni dentro”
io: “dicevo… Ero nella sala lauree della facoltà di scienze politiche, dovevo sostenere un esame. Sono andato dal prof con la carta d’identità, al termine dell’interrogazione nel mio zaino non c’era più il portafoglio.”
car: “ah”. guarda lo schermo pensieroso. comincia a scrivere. mi chiede un sacco di volte le stesse cose. mi chiede anche:
“come lo scriviamo lauree, con 2 e?
io: “veda lei”
mi chiede un sacco di volte consigli sulla forma.

ore 16:55
siamo finalmente alla lista del contenuto del portafoglio
DROOOON
va ad aprire.
Signora x: “vorrei denunciare il furto della mia auto”
car: “è sicura che si tratti di furto?”
Signora x: “si”
car: “non è che gliel’hanno rimossa?
Signora x: “ehhh… no”
car: “ha chiamato?”
Signora x “chi?”
car “ha chiamato?”
Signora x: “voi?”
car: “no, er comune. vabbè si accomodi, ma c’è da aspettare almeno un ora”
Torna da me. Finisce l’elenco, non ne posso più.

ore 17:10
firmo la denuncia.
io: “senta ma l’abbonamento dei mezzi me lo ridanno?”
car: “eh, questo non lo so”
io: “e per il tesserino sanitario come devo fare?”
car: “eh, questo non lo so. Per la patente deve chiamare questo numero verde e chieda se la patente è duplicabile. Se si va con due fototessere ai carabinieri e le danno una carta per circolare”
io: “e se non è duplicabile?”
car: “eh, questo non lo so”
io: “e se lo è torno qui”
car: “no, può pure andare da altri, vada da altri. Dove abita?
io: “via da Ceri, qua vicino”
car: “non conosco, beh puo andare da altri”
io: “grazie, arrivederci”
car: “arrivederci”

ore 17:18
Mi dirigo verso l’uscita ed entra ricercatore, con aria soddisfatta e caffè in mano.
Imbroglia Salvador: “allora l’hai trovata?”
ricercatore: “si” con l’espressione di chi la sa lunga.
Imbroglia Salvador: “e dov’era?”
ricercatore:”dove mi hai detto tu”.

appendicite?

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Da ieri sera sento dolore alla parte destro/bassa dell’addome. Al persistere del disturbo ho cercato conforto nell’intelligenza collettiva, chè la mia sente il peso degli anni. Da più parti ho letto che non è escluso possa trattarsi di appendicite.
Ora io sono senz’altro ipocondriaco, e appena sento qualcosa mi scervello finchè non riesco a raffazzonare su una diagnosi, quasi sempre pessimista e rassegnata, per poi cominciare a progettare un modo decente di spendere il poco tempo che mi rimane. Nel caso odierno i 37 gradi centigradi sono senz’altro sintomo di imminente perforamento.
Non posso tuttavia definirmi un ipocondriaco puro, in quanto l’impeto derivante da tale patologia è alquanto moderato dal terrore degli ospedali (aimè romani) e, soprattutto delle flebo. Se vi è un diritto di rifiutare le cure mediche deve esservi pure un diritto di rifiutare parzialmente le stesse!!! nessuno può infilare un dubbio liquido nel mio misero braccio impunemente…
Bel dilemma. Cerca e ricerca trovo ciò che fa al caso mio qui . Ah! finalmente un rimedio indolore e che non fa paura! E poi posso spacciarlo per digiuno per la moratoria della pena di morte o quant’ altro. Si, non c’è che dire, questo fa proprio al caso mio. L’unico problema è la mia esile figura, di quanti giorni posso disporre prima di scomparire?